Nell'introduzione della Relazione del viaggio in Svezia compiuto da Lorenzo Magalotti nel 1674 sembra di cogliere un riferimento all’importanza della pura osservazione già richiamata nella prefazione ai suoi Saggi di naturali esperienze fatte nell'Accademia del Cimento (Firenze, 1667). Vi leggiamo, infatti, che era suo preciso intento non darsi molto
pensiero dell'erudizione delle cose passate, a fine di poter ritrarre [questi luoghi] così alla macchia in una forma tanto riconoscibile da non avervi a scriver sotto: “questa è la Svezia”. |
Il viaggio fu voluto dal Granduca Cosimo III per avere informazioni su un paese del quale quasi niente si sapeva allora in Toscana, a partire dalla sua forma di governo: una monarchia guidata dal giovane re Carlo XI che in realtà, secondo Magalotti, si basava su una sorta di governo misto per il preminente ruolo svoltovi dall'aristocrazia. Proprio alla corte e alle cariche ad essa connesse Magalotti dedicò alcune delle prime pagine della sua Relazione.
A riguardo della Natura degli abitanti, il conte osservava come il popolo svedese fosse proprissimo per la guerra, anche «a misura del temperamento gotico» dei giovani, che il nuovo re stava cercando di mitigare con le prime università. Inoltre, addebitava loro iun difetto gravissimo che consisteva nell’essere «facili a credere, e forse più de' Tedeschi»: a dimostrazione di ciò, citava i processi contro gli stregoni.
L'interesse del manoscritto di Magalotti si lega anche alle illustrazioni, probabilmente eseguite in loco da un autore imprecisato. Si pensi alle due grandi tavole con le vedute di Stoccolma, ma anche alle modeste case in legname dei sobborghi e delle campagne, di cui Magalotti descriveva i camini muniti di una valvola per chiudere la canna fumatoria, ossia di una «lamina di ferro [...] detta spiell»; ai bagni pubblici con le stufe «ove servono tutto punto le donne», le quali erano usate anche come portatrici per fornire la città di acqua e come rematrici delle barche.
Le immagini di questa galleria sono tratte da ASFi, Carte strozziane, s. I, 280: