L’internamento libero a San Casciano Val di Pesa
Dal 1942, tra gli internati liberi a San Casciano Val di Pesa ci fu una numerosa famiglia di Fiume, sospettata di essere collegata alla resistenza croata. Si trattava di Elena Jardas con la figlia Maria Sarson, e Maria (sorella di Elena) con il marito Andrea Marcelia e la figlia Maria. Durante l’internamento a San Casciano, Maria Sarson chiese di essere trasferita con la madre a Talla (Arezzo) dove era stata internata la figlia, con il marito, il suocero malato e quattro bambini piccoli [Fig. 1]. Tuttavia, per la difficoltà riscontrata nel trovare alloggio ai numerosi internati nella provincia di Arezzo, il permesso le fu negato dall’ispettorato per i servizi di guerra del Ministero dell’Interno.
Il 22 dicembre 1943 il giornale “La Nazione” pubblicò un annuncio della Croce Rossa Croata che invitava confinati e internati croati in Italia a recarsi negli uffici della Croce Rossa di Venezia, Mestre o Trieste e ai consolati croati di Milano e Lubiana per ottenere assistenza per il rimpatrio [Fig. 2]. Tra questi c’erano anche gli internati croati a San Casciano, che furono rimpatriati all’inizio di gennaio 1944 [Fig. 3].
Un altro gruppo di internati a San Casciano Val di Pesa comprendeva tre uomini ebrei di nazionalità greca. Tra il 1941 e il 1943, infatti, i fratelli Giuseppe e Salvatore Besso, con lo zio paterno Menachem risultavano essere stati internati in questo comune. I Besso erano parte di una numerosa famiglia ebraica arrivata da Corfù e residente in Italia, più precisamente a Milano, dal 1918. Minacciati prima dal decreto di espulsione e poi dai provvedimenti di internamento in vista dell’entrata in guerra dell’Italia, i Besso furono arrestati in seguito dell’offensiva del Regio Esercito Italiano alla Grecia nell’ottobre del 1940. Essi furono poi internati per un breve periodo nel campo di concentramento di Bagno a Ripoli, da dove furono trasferiti in località di internamento libero a causa delle loro precarie condizioni di salute: Salvatore trascorse un breve periodo a Firenzuola e Menachem a Impruneta, prima di ricongiungersi con Giuseppe a San Casciano Val di Pesa. I loro familiari scrissero numerose lettere di supplica per ottenere il loro trasferimento in una località più vicina a Milano, ribadendo – nel tentativo di ottenere la revoca del provvedimento – l’attaccamento dell’intera famiglia al regime e la loro totale estraneità dalla sfera politica.
Da fine agosto del 1943, solo Menachem rimase a San Casciano, mentre Giuseppe e Salvatore furono trasferiti in internamento libero a Casteggi (Pavia). Elmira, la moglie di Giuseppe, il quale spesso trascorse lunghe degenze in ospedale, inviò numerose richieste al Ministero dell’Interno per chiedere che al marito fossero concesse le cure necessarie, ma tutte ebbero esito negativo. In una di queste scrisse: “Io non credo si voglia la nostra morte [...mio marito] è giunto allo stremo della sua salute, io e i bambini siamo allo stremo delle possibilità di resistenza fisica ed economica”. A dicembre 1943 Giuseppe e Salvatore risultano essersi allontanati per ignota destinazione, mentre Menachem Besso, con sua moglie Allegra Zaccar e le sue figlie Elsa e Rita (Margherita) risultano essere stati arrestati a Tirano (Sondrio) e deportati nel campo di sterminio di Auschwitz col convoglio partito da Milano il 30 gennaio 1944. Non fecero più ritorno.
(Informazioni su Besso Giuseppe, Besso Salvatore e Besso Menachem reperite da ACS, Mi, DGPS, AGR, A4 bis Stranieri internati, b.41 e www.nomidellashoah.it)