L’internamento libero a Marradi e Barberino Val D’Elsa
Nel 1942, la Prefettura di Spalato inviò Damira Soldatic e Anka Galic a Marradi per l’internamento libero, segnalate dalla Prefettura di Spalato come “pericolose comuniste,” insieme a Miranda Galic, rispettivamente cognata della prima e sorella della seconda [Fig. 1]. Dopo poco, le tre donne furono raggiunte da Dalibor Soldatic (marito di Miranda), precedentemente internato nel campo di concentramento di Tortoreto (Teramo). Sempre a Marradi fu inviato anche Basilio Sulli, accusato di sentimenti anti-italiani, e Zorka Rora, da Zara, internata in quanto madre di un comunista e moglie di un uomo ritenuto pericoloso per l’ordine pubblico e internato ad Alberobello [Fig. 2].
Tuttavia, data la presenza di un reparto militare composto da “elementi allogeni” a Marradi, i sei internati furono trasferiti a Barberino Val d’Elsa. Durante il soggiorno forzato in questo secondo comune della provincia di Firenze, Basilio Sulli e Damira Soldatic furono segnalati dalla Prefettura di Firenze per aver svolto continua propaganda comunista e anti-italiana. In particolar modo dopo l’armistizio dell’8 settembre, vengono considerati “elementi indesiderabili” per essere sospettati di avere consigliato ai giovani delle classi rurali di non rispondere alla chiamata alle armi [Fig. 3].
Sempre durante l’internamento a Barberino Val d’Elsa, Miranda Galic, malata di tubercolosi, morì dopo vari ricoveri all’ospedale di Careggi a Firenze. Nonostante le sofferenze e le privazioni imposte dall’internamento, il marito Dalibor Soldatic, in una lettera ad un amico internato nel campo di concentramento di Tortoreto, descriveva il paesaggio toscano come “un ambiente poetico [immerso] in una campagna tutta verdeggiante e veramente meravigliosa” [Fig. 4].
Quando il provvedimento di internamento fu revocato alla fine del 1943, Basilio Sulli, che aveva intrapreso a Barberino Val D’Elsa l’attività di orologiaio, chiese di rimanere temporaneamente in quel comune allo scopo di liquidare la sua attività [Fig. 5]. Dalla documentazione dell’Archivio di Stato di Firenze non ci è dato sapere cosa gli accadde in seguito.