La Gioconda è l’unico ritratto di Leonardo da Vinci di cui non sia stata messa in dubbio la paternità. L’opera è comunemente conosciuta con due denominazioni: Monna Lisa (usata soprattutto nel mondo anglosassone) e Gioconda. La prima risale a Giorgio Vasari (1511-1574), pittore, architetto e storico dell’arte italiano, e la seconda a Cassiano dal Pozzo (1588-1657), intellettuale e collezionista d’arte, creatore del Museo Cartaceo.
Leonardo dal marzo al giugno 1503 si trova a Firenze e, stando al Vasari, inizia a dipingere quest’opera.
Molte ipotesi sono state fatte sull’identità della donna ritratta. All’inizio del Novecento alcuni critici sostennero che la donna non era mai esistita o addirittura che il quadro fosse un ambiguo autoritratto di Leonardo stesso. Oggi si è ritornati ad accogliere le indicazioni di Vasari che aveva identificato l’effigiata in Lisa Gherardini, nata nel 1479 e sposa nel 1495 del ricco setaiolo fiorentino Francesco del Giocondo, fornitore dei Medici e cliente di Ser Piero, notaio, padre di Leonardo. L’artista continuò a lavorare al dipinto per ben quattro anni. Nel 1507 lo portò con sé a Milano e continuò a perfezionarlo fino al 1513. Quindi il dipinto non venne mai consegnato ai due coniugi e seguì il suo autore in Francia. Leonardo infatti lo portò con sé quando accettò, nel 1517, l’ospitalità offertagli da Francesco I nel castello di Cloux presso Amboise, dove morirà il 2 maggio del 1519.
Francesco I aveva acquistato, oltre a Sant’Anna e San Giovanni Battista, proprio La Gioconda per la somma di circa 4000 scudi d’oro. Tra le testimonianze che attestano la presenza del quadro in Francia c’è quella di Antonio dei Beatis, segretario del cardinale Luigi d’Aragona, che lo aveva visto il 10 ottobre 1517 nel castello di Cloux, e quella di Cassiano dal Pozzo che, durante il suo viaggio a Parigi con il cardinale Francesco Barberini, vide l’opera a Fontainebleau nel 1625.
“Un ritratto della grandezza del vero, in tavola, incorniciato di noce intagliato, è mezza figura ed è ritratto di una tal Gioconda. Questa è la più completa opera che di questo autore si veda, perché dalla parola in poi altro non gli manca” (Cassiano dal Pozzo).
La Gioconda non fu particolarmente amata dai successori di Francesco I, tanto che Luigi XIII cercò di venderla, intorno al 1630, a Carlo I d’Inghilterra e, solo per l’intervento di Pieter Paul Rubens, la sostituì con il San Giovanni, in cambio di un ritratto di Erasmo di Holbein e di una Santa Famiglia di Tiziano.
Nel 1665 il quadro fu trasportato al Louvre insieme alla collezione reale, ma con Luigi XIV passò a Versailles e il re Sole volle che fosse collocato nella sua galleria privata, la Petite Galerie du Roi.
Dopo la nazionalizzazione dei beni della monarchia, nel 1797, La Gioconda fece ritorno al Louvre, dove rimase a lungo in un corridoio, e solo l’anno seguente venne esposta nel Salon Carrè, nell’indifferenza generale dell’epoca.
Nel 1800, Napoleone Bonaparte la fece trasferire nel Palazzo delle Tuileries nella camera di sua moglie Josephine di Beauharnais; nel 1805, l’anno successivo alla sua incoronazione a imperatore, ne dispose il ritorno al Louvre, nel Salon Carrè. Qui rimarrà fino al 21 agosto 1911, data del furto da parte di Vincenzo Peruggia.