Nel novembre del 1913 Peruggia decise di contattare l’antiquario fiorentino Alfredo Geri, dopo aver letto sul Corriere della Sera un suo annuncio relativo alla vendita di una importante collezione di quadri antichi, presso la casa di vendite “Arte antica e moderna” in via Borgognissanti 12.
Alfredo Geri fu effettivamente l’unico a prendere in considerazione la lettera del sedicente Leonard V., nonostante in un primo momento l’avesse interpretata come uno scherzo. Come dichiarerà nell’interrogatorio a cui fu sottoposto davanti al giudice istruttore, incuriosito dal contenuto della lettera, decise di parlarne con Giovanni Poggi, Direttore delle Gallerie degli Uffizi, e dopo essersi confrontato con lui, scrisse una lettera di risposta a Peruggia.
Tra le carte del fascicolo processuale è presente una nota della Questura relativa all’antiquario fiorentino, inviata al giudice istruttore il 20 dicembre 1913. Alfredo Geri viene descritto come persona intelligente e stimata, di buona condotta e con nessun precedente, ma dalle informazioni raccolte si ricava anche un breve profilo biografico del personaggio.
Nato a Firenze il 2 giugno 1867 da Antonio Geri e Regina Castellucci, da giovane si dedicò all’arte drammatica, recitando insieme alla moglie in una compagnia che andò in scena in alcuni teatri fiorentini. Ottenne un discreto successo pochi anni dopo, quando conobbe Eleonora Duse e divenne segretario della sua compagnia teatrale, dove venne scritturata anche sua moglie come attrice. In seguito allo scioglimento della compagnia, avendo accumulato una discreta somma di denaro, iniziò ad occuparsi di antiquariato ed aprì un negozio di oggetti antichi in Piazza SS. Annunziata.
In quegli stessi anni continuò ad occuparsi di teatro impegnandosi come impresario teatrale nella costituzione di una società per l’attuazione di una stagione lirica al Teatro della Pergola, insieme ad un certo Pietro Galletti. La società, il cui programma di costituzione fu registrato il 10 dicembre 1909 presso il Tribunale di Commercio di Firenze, proponeva cinquanta rappresentazioni per la stagione lirica del gennaio-marzo 1910. Il programma artistico, presentato all’interno dell’atto costitutivo della società, comprendeva opere celebri come la Traviata di Verdi e la Bohème di Puccini, ma anche opere assai recenti o di compositori meno noti, come Litterio Butti.
L’anno successivo, ancora insieme a Pietro Galletti, costituì la “Società anonima cooperativa per l’impresa del teatro lirico permanente in Firenze”, registrata al Tribunale di Commercio di Firenze il 26 luglio 1910. Si trattava di una società per azioni di piccolo taglio, “tanto che tutte le borse anche le più modeste potessero parteciparvi”, avente come scopo l’allestimento di spettacoli lirici nel teatro della Pergola ed eventualmente in altri teatri fiorentini. Purtroppo, come evidenziato nella presentazione del bilancio del primo anno di esercizio, la società chiuse con un’ingente perdita, da attribuirsi, secondo la relazione del consiglio di amministrazione, “all’indifferenza e all’abbandono nel quale il teatro di musica viene lasciato dal pubblico, a meno che non lo si alletti con spettacoli grandiosi e con artisti a caro prezzo”.
La relazione della Questura riconduce alla sua scarsa competenza, sia come impresario teatrale sia come negoziante, le gravi perdite che subì e che lo costrinsero a chiudere il negozio e a vendere il villino che aveva acquistato nei pressi di via Giambologna.
In seguito al fallimento fu assunto come scrivano dal signor Battistelli, impresario di aste pubbliche, il quale, una volta ritiratosi dal commercio, lo aiutò ad avviare il suo esercizio commerciale in via Borgognissanti.