Il 24 novembre 1864 Giuseppe Poggi riceve l’incarico per un piano di ampliamento della città in previsione del trasferimento della capitale da Torino a Firenze: con l’abbattimento delle mura vengono creati i viali di circonvallazione, stradoni destinati al passeggio, con visuali aperte sui monumenti e sui parchi privati. Le grandi piazze, create intorno alle porte medievali, con le facciate degli edifici disegnate dallo stesso Poggi, ne divengono i nodi monumentali. Da Piazza Beccaria si apriva un viale verde che arrivava fino allo stabilimento balneare sull’Arno, mai realizzato, che permetteva un colloquio distante fra Porta alla Croce e la collina al di là del fiume. I Pratoni della Zecca restarono location per manifestazioni e spettacoli fino alla costruzione della caserma per la cavalleria, negli anni ’90 dell’Ottocento, evento che suscitò la grande delusione dell’architetto fiorentino per la profonda alterazione causata al suo progetto.
Dal 1889 si affacciava sulla piazza anche il Teatro giardino Alhambra, una sorta di “cittadella” ricreativa formata da tre ambienti decorati in un sontuoso stile moresco, secondo il gusto eclettico della belle-époque: il salone per i concerti, il restaurant e un magnifico giardino dotato di un palcoscenico per gli spettacoli all’aperto ne fecero uno dei luoghi deputati allo svago per la borghesia fiorentina. Distrutto gravemente da un incendio nel 1890, subì più volte la chiusura per frequenti interventi di restauro, fino a quello del 1921 che si configurò come una completa ristrutturazione. L’incarico fu affidato all’architetto Adolfo Coppedè che reinterpretò lo stile ispano-moresco del complesso originario attraverso la sua esuberante fantasia, riallestendo un teatro all’aperto, un padiglione per il gioco della pelota - utilizzato anche per il tennis - una sala per il cinematografo, il caffè e il restaurant, oltre a un nuovo prospetto sul viale Carlo Alberto (oggi viale Giovine Italia). L’edificazione dei Pratoni proseguì negli anni ‘30 con il progetto di Aurelio Cetica e Fiorenzo De Reggi per la Casa del Balilla, sede della Gioventù Italiana del Littorio. L’edificio fu inaugurato nell’aprile del 1938, completando il presidio militare iniziato con la costruzione della caserma, e integrando servizi e attrezzature per il quartiere, già animato dal centro ricreativo e mondano dell’Alhambra. La costruzione si integrava con il rimanente spazio triangolare del parterre e aveva l’ingresso principale dal monumentale portale in travertino prospiciente la porta medievale della piazza.
Nel secondo dopoguerra architetti e urbanisti mettono in evidenza i limiti culturali del piano Poggi e, nei piani regolatori degli anni ’50, viene superata l’impostazione radiocentrica della città in favore di uno sviluppo che corre su altre direttrici. Grandi cambiamenti interessano la piazza: il teatro Alhambra, utilizzato ormai solo come cinema all’aperto, viene demolito nel 1961 per fare spazio alla sede del quotidiano La Nazione, opera dell’architetto Pier Luigi Spadolini; la GIL, utilizzata come sala cinematografica e sede di impianti sportivi, in un edificio ormai decadente e trascurato, viene demolita negli anni ’70 per costruire sullo stesso lotto di terreno la nuova sede dell’Archivio di Stato con il progetto di un gruppo di architetti fiorentini guidati da Italo Gamberini.
Gli strumenti di pianificazione adottati a partire dalla fine degli anni ’70, nonostante lo spasmodico aumento del traffico, hanno cercato di restituire ai viali di circonvallazione il loro valore latente di “luogo di vita di relazione”, nel tentativo di creare nuovi “centri” lungo il percorso per condensare attività prevalenti: piazza Beccaria è uno di questi, sede dell’Archivio di Stato, polo culturale insieme alla Biblioteca Nazionale e alle vicine facoltà universitarie.