Il periodo bellico registra un aumento di affluenza degli spettatori nei locali cinematografici e il cinema diviene lo spettacolo preferito dagli italiani. Già durante il Ventennio era stato utilizzato come strumento di propaganda e numerosi furono i lavori intrapresi nelle strutture cittadine: nel 1936 il Politeama Nazionale, costruito alla fine dell’800 da Giacomo Roster sull’area dell’antica Arena, situata tra il quartiere di San Lorenzo e la stazione, chiuse per un anno per adattarsi alle rappresentazioni cinematografiche. Il progetto di ricostruzione fu affidato all’architetto Nello Baroni e all’ingegner Giorgio Neumann, e il nuovo edificio assunse il nome di Cinema Teatro Rex. Il locale venne edificato in soli cinque mesi, lo spazio destinato al pubblico venne notevolmente ampliato e alla vigilia della seconda guerra mondiale il Rex costituiva una delle strutture più grandi e moderne della città.
Gli interventi sugli antichi teatri proseguirono negli anni ’50: l’ottocentesco Teatro delle Logge sorgeva sulla via retrostante gli Uffizi, sopra l’antica Loggia del Grano, aveva una capienza di 1700 persone e venne inaugurato il 1 novembre 1868. Nel corso degli anni cambiò nomi e proprietari e in pieno regime fascista venne trasformato in cinema-varietà assumendo il nome di Imperiale. Nel 1953 Nello Baroni e Maurizio Tempestini furono incaricati di progettarne la completa ristrutturazione conservando della struttura originale solo l’antica loggia. I lavori furono eseguiti dall’impresa Berni, con la consulenza per le strutture in cemento armato dell’ingegner Neumann. Fu così riaperto come sala cinematografica con il nome di Cinema Edison, presto sostituito in Capitol. Anche il progetto di restauro dell’antico Teatro Pagliano, che prese definitivamente il nome di Teatro Verdi nel 1901, fu realizzato da Baroni e Tempestini che conservarono la struttura a palchi e l’aspetto ottocentesco della sala mentre i locali annessi furono realizzati con un linguaggio decisamente moderno nella scelta dei materiali e nelle decorazioni. Oltre al progetto non realizzato per il cinema Fulgor, Baroni si occuperà anche della progettazione di nuovi edifici come il cinema Stadio, esempio di locale pensato per la “periferia”.
Impianti sportivi
Con il fascismo l’architettura assume un ruolo centrale e la dittatura affida alle stazioni, alle Case del Fascio ma anche agli stadi, la ricerca del consenso. Negli impianti sportivi il riferimento alla gioventù e alla necessità di un corpo atletico e scattante è offerto da quei materiali e da quelle tecniche costruttive che potevano garantire notevoli prestazioni ed emblematico dinamismo: è il caso del cemento armato. Nel 1929 Pier Luigi Nervi raggiunge la sintesi tra armonia formale ed esigenze tecnico-costruttive con il progetto dello stadio Giovanni Berta dove il senso estetico di equilibrio e naturalezza si sposa con l’arditezza dello sbalzo e l’eleganza della forma architettonica. Dopo la seconda guerra mondiale l’impianto cambierà il nome in Comunale, per diventare poi Artemio Franchi, ed è stato oggetto nel 1984 di un intervento di ampliamento e riordinamento ad opera di Italo Gamberini.
Gli anni ’50 vedranno il rilancio anche degli ippodromi. I prati del Quercione, nel parco delle Cascine, avevano ospitato la più antica competizione del galoppo, la Corsa dell’Arno, nata il 22 giugno 1827 e proprio lì vicino nasceva nel 1847 l’ippodromo del Visarno. Attivo per le corse al galoppo fino al 1966 fu gravemente danneggiato dall’alluvione e ristrutturato tra il 1967 e il 1968. L’ippodromo de Le Mulina, destinato invece alle corse al trotto, vede la luce nel 1891, con il progetto avveniristico dell’ingegner Guglielmo Vestrini che prevedeva una pista con piano inclinato, convergente alle curve, tribune in ferro e una struttura in muratura che ospitava la tribuna d’onore. Dopo un periodo di decadenza e la rinascita degli anni ’40, tra il 1953 e il 1959 venne costruito il nuovo impianto affidato all’impresa Berni su progetto dell’architetto Paolo Vietti Violi.