Il 30 novembre 1786 fu pubblicata nello Stato toscano la Riforma della legislazione criminale, presto conosciuta come "Codice Leopoldino" o semplicemente "Leopoldina".
L'attribuzione era pienamente giustificata. Infatti il nuovo provvedimento legislativo rifletteva la volontà, l'iniziativa, la filosofia di governo di Pietro Leopoldo, granduca di Toscana dal 1765, e segnava il punto di arrivo di una politica scandita da successivi e ripetuti interventi nell'opera di riforma dell'amministrazione civile e criminale dello Stato.
Senza dubbio essa recepiva il pensiero dell'illuminismo giuridico e le idee di Beccaria la cui opera, subito famosa, Dei delitti e delle pene, era apparsa proprio in Toscana, a Livorno, nel 1764, appena un anno prima dell'assunzione al trono di Leopoldo.
La "Leopoldina" suscitò notevole interesse e autentico entusiasmo presso i contemporanei italiani e stranieri, dovuto agli aspetti di grande novità che essa presentava. Un osservatore acuto come Condorcet trovava di originalità esemplare gli articoli XLVIII e XLIX che, regolando la procedura dell'azione di polizia, in modo da limitarne l'arbitrio e garantire all'accusato una difesa tempestiva, sembravano poter risolvere il difficile problema di "concilier la police avec la liberté". Anche al potere discrezionale del giudice venivano posti precisi limiti rispetto alla prassi delle pene "arbitrarie". Cosicché, nell'edificio garantista avviatosi a costruzione con la "Leopoldina", trovavano la loro naturale collocazione quei punti messi in evidenza da Pietro Leopoldo nel Proemio al Codice: abolizione della pena di morte e della tortura, abolizione della confisca dei beni al reo, esclusione dei delitti di lesa maestà insieme con la mitigazione delle pene e la proporzionalità tra pene e delitto.
la novità di gran lunga più celebre della "Leopoldina", l'abolizione della pena di morte per la prima volta in Europa, era la conferma legislativa di una prassi consolidata. In realtà da tempo in Toscana, e precisamente dal 1775, non venivano più eseguite condanne capitali. [...] Nel progetto granducale il principio abolizionista era già chiaramente affermato sulla base di un'argomentazione ripresa alla lettera da Beccaria, ma i pareri dei consiglieri erano discordi [...]. La decisione finale toccò a Pietro Leopoldo in persona che riscrisse l'intero articolo LI lasciando poi al consigliere di Stato Francesco Seratti il compito della stesura definitiva.
(tratto da Marina Laguzzi, Le fonti documentarie su di un primato nel progresso civile: l'abolizione della pena di morte in Toscana, in Dai "cimeli" al computer, catalogo della mostra sulla storia e i "tesori" dell'Archivio di Stato di Firenze, a cura di S. Baggio, C. Giamblanco, M. Laguzzi, P. Marchi, Firenze, Polistampa, 2002, pp. 55-56)
Legge "Leopoldina": il documento originale
Cliccando sul link, potrete scaricare le immagini del manoscritto originale della legge, conservato in ASFi, Segreteria di gabinetto, Appendice, 62, ins. 40:
Legge criminale del 30 novembre 1786.